Una crisi sanitaria globale ha dominato gli ultimi mesi, qualcosa che ha avuto pochi precedenti nella storia dell’umanità. I media ci hanno tenuti informati sulla situazione, aggiornandoci costantemente sul drammatico numero dei deceduti e dei contagi a livello mondiale. Ognuno di noi ha vissuto diversamente le conseguenze della pandemia e anche noi Au Pair, seppur nel nostro piccolo, ne abbiamo risentito. Quindi cosa è cambiato per gli Au Pair durante il Coronavirus?
La libertà di movimento
La limitazione internazionale della libertà di movimento ha influito direttamente sul programma Au Pair. Il non poter oltrepassare i confini del proprio paese, o di quello dove si risiede, ha avuto un effetto drammatico non solo per gli Au Pair e le Famiglie Ospitanti ma anche per settori che vivono di movimento, come il turismo. La libertà di spostamento, vissuta fino a poco tempo fa come una garanzia, è improvvisamente venuta meno, facendoci forse rivedere le nostre priorità.
I progetti a breve termine, come ritorni a casa o partenze per il paese ospitante, sono saltati, e un grande caos ne è seguito. Molte testimonianze apparse su giornali e social hanno riguardato Au Pair che non sono riusciti a lasciare la Famiglia Ospitante prima del tempo, rimanendo bloccati in aeroporto per molte ore, proprio a causa del Coronavirus. Le situazioni più difficili sono state risolte tramite interventi di ambasciate e governi ma è stato comunque un grande trauma.
Ore di lavoro eccessive per Au Pair durante il Coronavirus
D’altra parte ci sono stati Au Pair che hanno continuato il loro soggiorno durante il Coronavirus, purtroppo senza poterselo godere appieno. Non sono mancati i casi di “sfruttamento” delle ore trascorse in casa o di pagamenti arrivati in ritardo. È difficile concentrare gli effetti del Coronavirus in qualche pagina ma possiamo affermare che lo stop alla produzione e ai servizi ha portato anche molte Famiglie Ospitanti a vedere il loro stipendio dimezzato o, nel peggiore dei casi, a perdere il lavoro. Ovviamente ciò ha un risvolto nella gestione della vita familiare e dell’economia di casa.
Il problema delle ambasciate
La crisi non ha facilitato i rapporti internazionali. Le ambasciate sono rimaste chiuse per molti mesi e hanno rimandato appuntamenti non strettamente necessari, sia per evitare spostamenti che per preservare la salute degli impiegati. Molti visti non sono stati processati, i viaggi sono saltati e procedure burocratiche si sono allungate più del dovuto.
La mancanza dei servizi
Allo stesso modo, hanno chiuso anche le scuole di lingua, uno dei vantaggi e delle ragion d’essere del programma Au Pair. Anche se molte hanno potuto offrire delle alternative online, non è affatto facile studiare una lingua senza una guida diretta.
L’isolamento totale, nella chiusura dei confini e nell’indisponibilità dei servizi, non ha avuto solo effetti negativi. Il coronavirus ci ha portato a rivedere e rivalutare le nostre priorità e tutto ciò che davamo per scontato. Anche quando si parla di Au Pair, vivere questa situazione straordinaria, ha reso sicuramente l’esperienza ancora più unica, sotto ogni aspetto. Da una parte, vivere 24h su 24 con le stesse persone, senza avere la possibilità di uscire e incontrare altri individui, è stata una grande sfida. Se pensiamo che per molti di noi è stato difficile convivere ogni ora del giorno con la propria famiglia, figuriamoci per un giovane che si trova all’estero presso una famiglia ospitante. Il programma Au Pair è già sinonimo di adattamento ma in questo caso si parla di estremi.
Non avere la possibilità di vivere l’esperienza culturale nel pieno della sua vitalità, con viaggi e nuove amicizie, gioca anche un grande ruolo per i ragazzi e ragazze alla pari. Non c’è da sorprendersi se molti hanno rinunciato, vedendosi negate queste possibilità.
Cambiamento nella routine
Molto è anche cambiato nella routine degli Au Pair. La chiusura delle scuole ha portato a una rivoluzione didattica per grandi e piccoli, offrendo lezioni online e infiniti compiti da sbrigare sotto il controllo dei genitori. Se da una parte i bambini dovevano “fare presenza” davanti al computer per la lezione, dall’altra questo spesso non ha significato avere le ore libere, né per i genitori né per l’Au Pair. Ovviamente trovandosi in casa, molti avranno reagito d’istinto e si saranno sempre resi disponibili quando c’era bisogno ma la routine è inevitabilmente cambiata.
Per chi è rimasto “intrappolato” a casa, il desiderio di muoversi è stato ugualmente molto forte. Il coronavirus ci ha anche portato a un’organizzazione estrema delle nostre attività e viaggi futuri, di tutte quelle cose da fare e vedere che non abbiamo mai avuto il tempo di realizzare. Chissà, magari a molte più persone sarà venuta voglia di scoprire il programma Au Pair e di fare un bel viaggio per evadere dai propri confini, territoriali o mentali che siano.
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